Giulia, 25 anni, studentessa universitaria, da circa due anni è affetta da Disturbo Ossessivo Compulsivo da contaminazione, in particolare presenta la “fissazione” di poter contrarre l’AIDS a seguito di un contatto con una persona o un oggetto contaminato dal virus; Giulia ricorda che il primo episodio in cui il problema si è presentato risale a circa 2 fa quando, di ritorno da una festa con degli amici, percorre una strada trafficata da transessuali. Qualche giorno dopo, mentre studiava, fu assalita da un dubbio “ E se avessi preso l’AIDS?”, ovviamente l’idea gli apparve subito come inverosimile, strana, esagerata ma, con il trascorrere del tempo, divenne sempre più intrusiva fino ad assorbirla per gran parte del giorno e “distrarla” dallo studio e da altre attività quotidiane.
Il pensiero di essersi potuta contagiare semplicemente attraversando una strada in auto le appariva come bizzarro, strano, inverosimile ma, nonostante queste considerazioni, era accompagnato da una forte ansia e da una sgradevole sensazione di schifo, sporco, vergogna; cosi, dopo sei mesi, decise di sottoporsi al test dell’HIV per essere certa del suo stato di salute e rassicurarsi definitivamente. Ovviamente, il
test risulto negativo e Giulia si tranquillizzo per alcuni giorni ma, dopo un po’ di tempo,le ossessioni ritornarono sempre più frequenti accompagnate da un ansia insostenibile e da un dialogo interno di questo tipo” Si, il test è risultato negativo, ma chi mi esclude al 100% che non si siano sbagliati? Se avessero scambiato gli esami, in fondo può succedere! Ma anche se il test fosse davvero il mio, chi mi esclude che il virus dell’HIV non sia dentro il mio organismo? Alcuni miei amici frequentemente percorrono quella strada, come faccio ad escludere che qualcuno di loro non abbia rapporti con i transessuali e che quindi sia sieropositivo?
Questi amici spesso mi abbracciano, posso davvero escludere che non corro alcun rischio?”Per ridurre l’ansia Giulia inizia a mettere in atto tutta una serie di compulsioni che, almeno temporaneamente, la rassicurano circa il rischio di aver preso l’AIDS: inizia a fare il bucato separatamente con lo scopo di ridurre il rischio che anche i propri familiari possano essere contagiati “Mi sentirei in colpa, sarebbe colpa mia se anche i miei familiari venissero contagiati, non potrei sopportarlo! Evita accuratamente di avere qualsiasi contatto fisico con persone che transitano per quella via ( niente strette di mano, baci, abbracci etc.) evita tutti i posti a rischio: prati, spiagge, boschi, parcheggi , dove è più
probabile “entrare a contatto con una siringa infetta”.
Per lenire l’ansia e il dubbio di essere sieropositiva inizia a mettere in atto rituali sempre più complessi e sfinenti che le occupano gran parte della giornata: scannerizza il suo corpo per diverso tempo alla ricerca di segni o sintomi che possono segnalare la presenza dell’HIV, lava accuratamente e separatamente la propria biancheria con particolari disinfettanti anche diverse volte al giorno, fa almeno quattro lunghe docce per lenire la sensazione di “essere sporca”, lava continuamente le mani, con detergenti, dopo aver toccato qualcosa di “sospetto”.
Giulia ha anche iniziato ad evitare qualsiasi rapporto “intimo” per il timore di essere contagiata o di contagiare qualcuno; si documenta spasmodicamente sulle modalità di trasmissione dell’HIV cercando, almeno temporaneamente, di rassicurarsi. Giulia, oltre al problema del dubbio da contaminazione, inizia a sentirsi più depressa, pensa che la sua vita sia irrimediabilmente compromessa, inizia a sentirsi matta, smette di studiare, rimane sempre più isolata, occupa tutta la giornata tra dubbi e rituali di decontaminazione.
l caso Giulia è abbastanza comune, basti pensare che in Italia circa 1.000.000 di persone, distribuito equamente per sesso e classe sociale, soffrono di Disturbo Ossessivo Compulsivo nelle varie tipologie in cui può manifestarsi; il DOC esordisce, con maggior frequenza, tra i 6 e i 20 nei maschi e tra i 20 e i 29 nelle femmine e, quasi sempre, presenta, se non trattato, un decorso cronico che condiziona negativamente la vita delle persone affette e dei familiari. Spesso, proprio come Giulia, le persone affette da DOC da contaminazione sono riluttanti a rivolgersi ad un professionista della salute mentale (Psicologo, Psichiatra, Psicoterapeuta) perché trovano imbarazzante parlare delle “bizzarrie” che il Disturbo Ossessivo li costringe a fare o, peggio, hanno la credenza che sia qualcosa di incurabile.
Contrariamente a queste credenze, è ormai scientificamente dimostrato che l’aderenza ad una terapia efficace come la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale ( trattamento d’elezione secondo l’APA) o il trattamento farmacologico apportano grandi benefici se non, addirittura, la remissione completa dei sintomi.In particolare, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è considerata da sola, o in associazione ai farmaci, la cura più efficace per il Disturbo Ossessivo Compulsivo; in particolare, i dati scientifici dimostrano che l’Esposizione con Prevenzione della Risposta (EPR) che rappresenta la tecnica principale per affrontare il DOC si attesta intorno al 70/80% di successo contro un 40/60% di efficacia prodotto dall’approccio farmacologico.
E' stato provato che la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, oltre a non avere effetti collaterali, presenta un minor tasso di ricadute; in sostanza, i pazienti DOC curati con la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale ottengono migliori risultati, più stabili nel tempo, senza gli effetti collaterali che presentano gli psicofarmaci. Disturbo Ossessivo Compulsivo: scopri la cura più efficace. La Riproduzione è Riservata- Dr Gaspare Costa
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