Questa continua scannerizzazione di sensazioni interne, finalizzata ad anticipare possibili minacce ( rossore, ansia, tremori, agitazione etc.) paradossalmente acuisce i sintomi temuti, come se fossero osservati da una lente di ingrandimento, con l’effetto di rendere più probabile la minaccia temuta. La percezione della propria inadeguatezza causa alcuni effetti a circolo vizioso come l’attenzione selettiva verso i segnali prodotti dagli altri ( sguardi, occhiate, sorrisi, gesti, parole etc. ) che, inevitabilmente, vengono “personalizzati” e letti come conferma della loro inadeguatezza.
La percezione della figuraccia si accompagna inevitabilmente alla vergogna e al desiderio di voler sparire, di sottrarsi al giudizio critico degli altri. In quest’ottica, il rossore del volto sembra avere una funzione evolutiva importante consistente nel segnalare all’atro la propria difficoltà, un invito a non inveire, una specie di resa incondizionata; anche l’evitamento dello sguardo dell’interlocutore può rappresentare un segnale di difficoltà che sicuramente non aiuta a creare buone relazioni sociali.
Il fobico sociale spesso abbassa lo sguardo che, in questo modo, non viene sincronizzato con quello dell’altra persona perdendo, in questo modo, tutta una serie di segnali sociali (pensiamo al linguaggio degli occhi) necessari a “vedere” e capire l’altro. L’evitamento ( vedi approfondimento) costituisce la strategia di elezione del fobico sociale che, in questo modo, si sottrae, almeno temporaneamente, all’ansia che lo assilla. L’evitamento ha diversi effetti collaterali che contribuiscono a cronicizzare la fobia sociale; in primo luogo l’evitamento impedisce di smentire l’ipotesi catastrofica ( fare una figuraccia, essere criticati) e, in secondo luogo, rende la vita del fobico sociale estremamente povera e frustrante.
L’isolamento e la frustrazione spesso si accompagnano a depressione che aggrava ancor di più la fobia sociale; i sintomi depressivi ( apatia, demotivazione, scarsa energia, tristezza, anedonia etc.) rappresentano un ulteriore zavorra che contribuisce a cronicizzare il problema. Spesso, per sottrarsi a questa condizione di estremo disagio, il fobico sociale utilizza sostanze stupefacenti come alcol o droga con lo scopo di disinibirsi o di lenire l’ansia e la frustrazione che l’ho accompagnano.
Non è infrequente che persone affette da fobia sociale presentano “doppie personalità”: una timida, inibita, isolata, silenziosa e l’altra, innescata da droga o alcol, disinibita, estroversa, loquace, giocosa che però è destinata a spegnersi, con effetti collaterali importanti, nel momento in cui le sostanze stupefacenti esauriscono i loro effetti. Considerando la gravità, in termini di sofferenza e qualità della vita, il tema della cura della fobia sociale assume un grande interesse per il clinico alle prese con pazienti di questo tipo.
La cura della fobia sociale necessita, per una maggiore efficacia, una presa a carico tempestiva dei soggetti, specie bambini o adolescenti, che presentano una timidezza eccessiva fino a sfociare nella chiusura e nell’isolamento generalizzato. Spesso, i sintomi della fobia sociale in età evolutiva non vengono segnalati con la necessaria urgenza dall’ambiente familiare e/o scolastico contrariamente a quanto avviene per le sindromi da iperattività.
La psicoterapia cognitivo comportamentale, da sola o combinata con l’approccio farmacologico ( terapia combinata), rappresenta il trattamento di elezione per i disturbi d’ansia; la terapia cognitivo comportamentale agisce su più fronti intervenendo sia sulla falsa rappresentazione che la persona ha di se stessa ( noiosa, poco amabile, inadeguata, etc.) che sull’accettazione del rischio rispetto agli scenari temuti ( critica aspra, disprezzo, figuraccia, goffaggine etc.) che, quasi sempre, appaiono più drammatici ed insopportabili di quanto in realtà sono.
Lo psicoterapeuta cognitivo comportamentale, oltre alle numerose tecniche tradizionali, può avvalersi, specie in chiave di accettazione di possibili “figuracce”, della psicoterapia cognitivo comportamentale di terza generazione come l’ACT le cui strategie d’intervento sembrano riscuotere un ottimo successo nei disturbi d’ansia. In sostanza, allo stato attuale, la fobia sociale può essere curata con successo mediante l’utilizzo di strumenti terapeutici come la psicoterapia cognitivo comportamentale e/o l’approccio farmacologico che hanno dimostrato scientificamente la loro efficacia.
La Riproduzione è Riservata- Dr Gaspare Costa
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