In particolare queste persone hanno la tendenza a rispondere agli eventi stressanti, sia di natura psicologica che fisica, con reazioni fisiologiche allarmanti sui cui focalizzano la loro attenzione. In sostanza queste persone quando si allarmano o si preoccupano sono più facilmente soggette a reazioni fisiologiche dovute all'ansia che, paradossalmente, vengono interpretate come ulteriori segnali di pericolo
che, a cascata, possono provocare la crisi di panico.
Questa particolare predisposizione ad interpretare le comuni risposte fisiologiche dell'ansia attribuendovi valenze catastrofiche (infarto, svenimento, morte, impazzimento) nota come Anxiety Sensitivity, un costrutto che misura la "sensibilità" nel modo in cui si interpretano le sensazioni fisiche dovute all'ansia.
La costante attenzione focalizzata sui segnali provenienti dal proprio corpo e dall'ambiente circostante favorisce la paura di un imminente attacco di panico. Facciamo un esempio per comprendere meglio il concetto, immaginiamo una persona che ha avuto il suo
primo attacco di panico durante una normale fila al supermercato (il contesto può riguardare allo stesso modo altri luoghi e situazioni come i mezzi pubblici, la guida, i luoghi affollati, i cinema etc.): all'inizio è probabile che questa persona, presumibilmente già stressata e con una elevata predisposizione all'ansia e alla preoccupazione, cominci a sentire alcune sensazioni interne che reputa allarmanti ( il cuore che batte più velocemente, il respiro che diventa più faticoso, un dolore al petto, vampate di calore, sudorazione, senso di sbandamento etc.) che la spaventano ulteriormente.
L'interpretazione catastrofica di questi sintomi dell'ansia come infarto non fa altro che accrescere la minaccia e quindi di aumentare ulteriormente l'ansia finchè non si innesca una vera e propria crisi di panico con l'idea focale che è in atto un attacco di cuore. A questo punto la persona chiederà aiuto è probabilmente verrà portata al pronto soccorso dove, dopo gli esami di rito, gli verrà diagnosticato un "semplice" attacco di panico. E chiaro che questa persona, specie quando si troverà in contesti simili (file, posti affollati etc.), sarà comprensibilmente focalizzata su ogni minima sensazione del suo corpo alla ricerca di segni che possano anticipare il pericolo di un nuovo attacco di panico.
Il paradosso di questo meccanismo a circolo vizioso è rappresentato dal fatto che più la persona cerca sensazioni anticipatorie e più le trova ( focalizzazione selettiva), l'interpretazione di questi stati interni come pericolosi aumenta l'ansia di poter aver un imminente attacco di panico che, a sua volta, accentua i sintomi in una specie di profezia che si auto avvera.In conclusione, le persone con alcune caratteristiche come un eccesiva emotività, la tendenza a preoccuparsi o ad essere ansiosi, sono persone più vulnerabili alle situazioni stressanti e, in particolare, allo stress rappresentato dalla paura di potere avere un attacco di panico.
L'iperventilazione. Ci si focalizzerà ora su un aspetto rilevante della risposta di attacco o fuga nei problemi di panico e nell'agorafobia, cioè l'iperventilazione o eccesso di respirazione. L'iperventilazione peggiora i sintomi dovuti alle sensazioni prodotte dall'ansia. Si è visto che chi soffre di attacchi di panico con o senza agorafobia ha più paura di questi sintomi che della situazione che considera pericolosa, la paura della situazione o del luogo è infatti secondaria alla paura di avere un attacco di panico. L'iperventilazione ha la capacità di alterare il normale equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica nel sangue.
L'equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica è molto importante e viene mantenuta principalmente attraverso il ritmo e la profondità della respirazione. Il tasso adeguato di respirazione è di circa 10-14 respiri al minuto.Sebbene la respirazione è controllata automaticamente, essa può anche essere controllata volontariamente. Di conseguenza, il controllo volontario del respiro negli stati di paura e di stress può risultare alterato poichè serve più ossigeno per combattere o fuggire da una situazione percepita come pericolosa.
L'effetto più importante dell'iperventilazione è quello di produrre un calo di anidride carbonica e dunque una riduzione di questo elemento in proporzione alla quantità di ossigeno. Questo squilibrio porta alla costrizione dei vasi sanguigni in particolari aree del corpo e del cervello. L'effetto di questo disequilibrio comporta il fatto che non solo in alcune aree del corpo arriverà meno sangue ma rende anche più difficile che l'ossigeno contenuto in questo sangue sia liberato nei tessuti. Questa riduzione dell'ossigeno dovuta all'iperventilazione ha come conseguenza la manifestazione di sintomi molto simili a quelli dell'attacco di panico:- Senso di mancanza d'aria
- Senso di testa leggera
- Senso di stordimento
- Senso di irrealtà e di stranezza del proprio corpo
- Senso di irrealtà delle cose circostanti è Senso di confusione
- Tachicardia, cuore che batte più velocemente
- Sensazione di spilli o di formicolio alle mani, ai piedi e al viso
- Rigidità muscolare
- Mani sudate
- Bocca o gola secca
Uno dei sintomi più angoscianti dell'iperventilazione è la sensazione di mancanza d'aria. Questo bisogno d'aria può spingere la persona a respirare ancora più velocemente peggiorando in questo modo la situazione. Se l'iperventilazione si protrae possono manifestarsi i seguenti sintomi aggiuntivi:
- Sensazione di fatica a respirare
- Sensazione di costrizione, di peso o di dolore al torace
- Vertigini e Nausea
- Paralisi muscolari
- Aumento dell'apprensione e del senso di allarme, fino al terrore che qualcosa di terribile stia per accadere, per esempio un attacco di cuore, una emorragia cerebrale o persino la morte.