Quali sono le cause della paura di uscire di casa da soli?
Fondamentalmente la paura di uscire di casa da soli rappresenta una "soluzione", che alla lunga si rivela disfunzionale, per prevenire la possibilità, sovrastimata, di essere soprafatti dagli attacchi di panico. Un attacco di panico è definito come un episodio di ansia acuta, dalla durata di circa 10 minuti, la cui intensità può assumere la caratteristiche di un vero e proprio stato di terrore, i cui sintomi (tachicardia, vampate di caldo o di freddo, testa leggera, sensazione di sbandamento, fame d'aria, parestesie, formicolii agli arti etc.) fanno temere alla persona che li sperimenta di stare per perdere il controllo, svenire, avere un infarto o, addirittura, morire.
Subire un attacco di panico è una delle esperienze più angoscianti che un essere umano possa sperimentare, appare dunque comprensibile che le persone mettono in atto evitamenti e/o comportamenti protettivi finalizzati a prevenire uno scenario cosi drammatico. In seguito all'esperienza ripetuta degli attacchi di panico di solito gli individui iniziano ad evitare tutti luoghi e/o le situazioni che reputano pericolosi (file, autostrada, spazi aperti, code automobilistiche etc.) oppure, se costretti ad esporsi, vivono queste situazioni con un ansia talmente intensa fino al punto di innescare un vero e proprio attacco di panico situazionale.
La paura di uscire da casa e stare male rappresenta un forma di evitamento che può compromettere seriamente la qualità della vita degli individui, le persone con Aorafobia possono rinunciare alla maggior parte delle attività, avere una rete sociale povera, percepire la propria vita come insoddisfacente, inoltre l'assoluto bisogno di farsi accompagnare da qualcuno li rende estremamente dipendenti; la paura di uscire da casa da soli può associarsi ad altre problematiche psicologiche come la depressione o l'abuso di alcol, farmaci o sostanze.
Perché la paura di uscire di casa da soli tende a cronicizzarsi?
Il timore di allontanarsi dalla propria abitazione può insorgere in maniera subdola per poi, nel corso di mesi o degli anni, cronicizzarsi fino al punto di compromettere in maniera significativa la qualità della vita dell’individuo; tra i fattori che facilitano la persistenza della Aorafobia si possono trovare: l’ansia anticipatoria, l’assorbimento interno e la disponibilità di sensazioni che possono essere interpretate come pericolose, circoli viziosi interpersonali come la figura dell’”accompagnatore”, Depressione secondaria.
Ansia anticipatoria. L’ansia anticipatoria, “la paura della paura”, è un meccanismo cognitivo che anticipa, spesso innescando un comportamento di evitamento, uno scenario considerato catastrofico quale può essere appunto l’insorgenza di un attacco di panico; ad esempio, se l’individuo deve uscire di casa da solo o, addirittura, allontanarsi dalla propria zona di confort, può essere sopraffatto, anche diversi giorni prima dall’evento, da pensieri e immagini catastrofici che gli fanno credere di andare sicuramente incontro ad un esperienza terribile.
L’ansia anticipatoria si può accompagnare ad immagini “realistiche” in cui l’individuo si vede mentre si sente male e sviene, perde il controllo, subisce un infarto o, addirittura, muore. Bisogna ricordare che l’ansia anticipatoria e gli scenari associati rappresentano uno dei fattori di mantenimento più importanti che contribuiscono alla cronicizzazione della paura di uscire di casa da soli, durante la cura al paziente verrà spiegato come, in realtà, questi scenari sono del tutto falsi o, quantomeno esagerati, essendo il frutto dell’attività iper-prudenziale della mente umana, con il proseguo della terapia e l’inizio delle graduali esposizioni il paziente imparerà che allontanarsi da casa da solo non è poi cosi pericoloso.
Attenzione selettiva ed evitamento. L'attenzione selettiva e l'evitamento rappresentano altri importanti fattori di mantenimento della paura di uscire di casa da soli, l'attenzione selettiva consiste in una continua scannerizzazione del proprio corpo finalizzata alla ricerca di sensazioni, che puntualmente vengono trovate, potenzialmente pericolose; questo meccanismo facilità l'interpretazione di sensazione innocue dovute all'ansia ( vertigini, testa vuota, vista offuscata, tremoli, gambe molle etc.) in chiave catastrofica ( svenimento, perdita di controllo, infarto etc.) favorendo il circolo vizioso degli attacchi di panico.
L'evitamento è la diretta conseguenza dei precedenti fattori di mantenimento, rappresenta una soluzione comprensibile ma disfunzionale in quanto impedisce di demolire le credenze catastrofiche legate alle sensazioni; evitare di allontanarsi di casa nel breve termine riduce l'ansia associata alla possibilità di essere sopraffatti da un attacco di panico mentre, nel medio e lungo periodo, oltre a ridurre l'autonomia dell'individuo, si presta ad autocritica ("Che fine farò?!... Non riesco neanche ad uscire di casa da solo...Non posso avere una vita"), demoralizzazione o veri e propri quadri depressivi che alimentano il problema.
La paura di uscire di casa da soli: il ruolo dell’”accompagnatore”. L’utilizzo dell’accompagnatore, una figura familiare in grado di prestare soccorso nel caso si presentasse un attacco di panico, è una delle strategie più utilizzate negli individui che manifestano la paura di allontanarsi da soli dalla propria casa; in genere l’accompagnatore è una persona di fiducia ( partner, genitore, fratelli, amici etc.) la cui presenza garantisce un riduzione dell’ansia e, dunque, la riduzione della percezione della minaccia.
La dinamica del rapporto tra la l’individuo che presenta la paura di uscire di casa da solo e l’accompagnatore spesso assume caratteristiche ambivalenti fino ad arrivare a vere e proprie forme di dipendenza; il soggetto con Aorafobia vede nell’accompagnatore una specie di ansiolitico in grado di ridurre lo stato di minaccia, nello stesso tempo la sua presenza obbligata gli conferma il fatto che egli non è in grado di cavarsela da solo acutizzando i vissuti di demoralizzazione, vergogna, rabbia verso se stessi e frustrazione.
Anche i vissuti dell’accompagnatore possono essere ambivalenti: inizialmente, ad esempio in caso di innamoramento, egli può valutare questo ruolo come una specie di privilegio, può sentirsi il salvatore che da sicurezza al proprio amore e quindi sentirsi importante ed insostituibile; con il trascorrere del tempo però il ruolo dell’accompagnatore può innescare vissuti di frustrazione, rabbia, senso di oppressione. Le persone che manifestano la paura di uscire di casa da soli hanno la necessità di avere il controllo sull’accompagnatore poiché pianificano tutti il loro impegni in relazione alla sua disponibilità; frequentemente, con il passare del tempo, il rapporto si può logorare comportando la rottura della relazione.
Spesso la risoluzione del sintomo e la relativa acquisizione di autonomia può, paradossalmente, portare alla crisi tra l’individuo e il proprio accompagnatore per il fatto che, quest’ultimo, può vedere ridimensionato il proprio ruolo oppure perché la ritrovata autonomia non garantisce più il bisogno di controllo che "stabilizzava" la coppia.
Paura di uscire di casa e depressione. La paura di uscire di casa da soli o la difficoltà ad allontanarsene spesso è legata a demoralizzazione o veri e propri quadri depressivi, in questo caso l’abbattimento del tono dell’umore non è primario ma secondario alla condizione di privazione dell’autonomia e alla conseguente valutazione che l’individuo fa di questo stato (“Che fine farò?!......Non riesco nemmeno ad uscire di casa da solo!…Come posso pensare di farmi una famiglia”?). E’ risaputo ( Back) che uno dei fattori più importanti all’origine della Depressione è costituito dalla riduzione dei rinforzi positivi (situazioni o occasione gratificanti che aumentano la disponibilità di serotonina in circolo) quali possono essere gli hobby o le relazioni interpersonali appaganti.
Le persone che manifestano la paura di uscire di casa da soli hanno la sensazione che la loro vita è stata interrotta limitandosi ad assistere a quella degli altri, esse non hanno accesso, oppure le vivono con angoscia, a quelle attività piacevoli come viaggiare, uscire liberamente, coltivare hobby o recarsi in posti desiderati che generalmente si associano ad emozioni positive come la gioia, l’allegria ed il divertimento per cui il loro umore appare tendenzialmente abbattuto se non marcatamente depresso.
Questa demoralizzazione è anche causata dalla valutazione del proprio stato considerato difettato e spesso criticato, la condizione di estrema dipendenza che questi soggetti si trovano a vivere e le continue rinunce non fanno altro che indirizzare l’umore in senso depressivo.